di Max Stefani ( max@outsiderock.com )
In molti mi scrivono: “Ricominci da dove hai lasciato due anni fa?” Le cose non sono mai semplici. Non nascondo che gli ultimi 5-6 anni al “Mucchio” sono stati faticosi. Io volevo andare in una direzione, avevo voglia di cambiamenti, convinto che i tempi lo imponessero. Altri ricercavano la stabilità, molto simile all’immobilità. Il risultato era un compromesso che non soddisfaceva nessuno e che ha portato al mio volontario allontanamento in cambio di una sorta di buona uscita. Da quasi subito non mantenuta. Così, dopo un anno di collaborazione con “Suono”, che è in parte servito a chiarirmi le idee e a raggruppare una squadra di collaboratori spesso ripescati nel mio passato, ho dato vita a questa nuova rivista che avete tra le mani. Vero è che di giornali di musica in Italia non se ne vendono più. Del resto chiudono i negozi di dischi, le case discografiche sono in rovina, il settore dell’industria musicale barcolla incapace di convivere con le nuove tecnologie.
Noi potremo anche essere bravi, ma saremo sempre ai confini dell’impero. Non è del resto un caso che l’unico successo editoriale degli ultimi 20 anni in Italia sia “Internazionale” del mio amico Giovanni De Mauro. Ciò non toglie che cerchiamo di fare del nostro meglio. Infatti l’altra parte del giornale che avete in mano (o leggete in digitale) è opera della redazione italiana e sono molti, passati sul Mucchio negli anni scorsi, ad aver risposto alla mia richiesta di partecipazione con entusiasmo. Tutto quanto detto fa ovviamente di “Outsider” un giornale molto over 40 oriented, che del resto sono gli unici che ancora hanno voglia di leggere e di comprare cd (meglio se in vinile). Ho sempre sostenuto che i giornali hanno un’anima, ragione per cui i lettori li considerano cose vive, parti di sé. Questa è sempre stata una peculiarità dei giornali che ho diretto o editato (dal Mucchio a “Duel”/”Duellanti”) e sarà così anche per “Outsider”. Credeteci. Ora non posso non parlarvi della distribuzione, il tasto dolente. Il circuito che porta i giornali in edicola sta crollando: edicole che chiudono e distributori che falliscono rendono impossibile continuare come eravamo abituati. Stampare 20mila copie per venderne 4000 non solo non è più possibile, è pura follia. Inoltre è una vergogna mandare al macero tonnellate di carta, in un mondo sempre più – giustamente – sensibile alle problematiche ambientali. Ciò non toglie che a molti di noi piace ancora la carta. Prendere un giornale in mano, sfogliarlo, sniffarlo come si faceva con i vecchi vinili. Vi ricordate quell’odore particolare del cartone americano import? Da qui la scelta di rendere disponibile “Outsider” nelle sole edicole di Milano, Roma e nei tre aeroporti principali: Linate, Malpensa e Fiumicino, oltre che in un circuito di negozi musicali “nostri”, sparsi per la penisola. Per il resto solo abbonamento, cartaceo o digitale (sarà anche epub e oltre che sul sito lo si troverà anche sui principali store digitali). Si potrà anche comprare una sola copia volta per volta. l’unico modo per sopravvivere degnamente ed evitare sprechi di ogni tipo.Più della metà di “Outsider” è composto dunque da articoli e interviste tratti dalle migliori riviste straniere: Mojo, Uncut, Plugged, Rock And Folk, Kerrang etc.. Vuol dire che i giornalisti stranieri sono migliori? Sì, sono più bravi. Il rock and roll l’hanno inventato loro, ci sono cresciuti, ce l’hanno in casa.
Voglio in ultimo rassicurare quanti mi hanno scritto preoccupati per Suono, giornale che co-dirigo dall’aprile 2012 occupandomi della parte musicale. Tra le due riviste c’è una sinergia completa, non solo per l’amicizia che mi lega da 30 anni a Paolo Corciulo, e non tanto perchè lì ho iniziato a scrivere nel 1971, ma perchè è importante ascoltare bella musica altrettanto quanto fondamentale è ascoltarla bene. Questa è una cosa sui cui batteremo sempre. Non a caso due articoli che dovevano apparire su questo primo numero sono finiti su Suono di giugno. Una lunghissima intervista a Stan Ridgway e un pezzo sullo stato dell’indie italiano di Davide Drago.Un abbraccio a quanti tornano magari a leggermi dopo aver smesso da anni per ragioni personali o perchè stufi di leggere riviste fatte male, come a quanti assistono sconcertati e afflitti all’affondamento del “Mucchio”. Vedere un giornale che hai fatto nascere e diretto per tutto questo tempo contorcersi tra odi, ripicche, rancori e falsità, è deprimente. Come disturbante è stato in questi due ultimi anni questo vociare indistinto in cui tutti hanno detto la loro senza sapere nulla. Ma per me è ormai una storia chiusa, anche se nel peggiore dei modi. Bentornati a casa.
Questo numero è dedicato a Stefano Ronzani, per tanti anni mio fedele braccio destro nella conduzione del Mucchio, fino a che una brutta malattia lo ha portato via nell’agosto del 1996. Se non fosse mancato, la mia storia e quella del Mucchio sarebbero state diverse. La foto sopra lo ritrae a fine 1994 insieme a Ligabue e la sua band, con Francesco Caprini e Franco Sainini in un momento di gioia, durante la preparazione dell’album Buon Compleanno Elvis. Voglio ricordarlo così, come se ci salutasse augurandoci buona fortuna. Ciao Steve… si ricomincia.