di Max Stefani ( max@outsiderock.com )
Al posto dell’ora e mezzo di religione cattolica (come impone il Concordato) lo stesso tempo per delle sane letture
Capisco come in vista delle festività natalizie (o meglio della ‘tredicesima’) sia importante cercare di approfittare della maggiore diponibilità finanziaria della gente comune: ma forse quest’anno si è esagerato.
Tra settembre e dicembre sono circa 50 i dischi di musicisti di un certo livello, o ‘vicini’ ad Outsider. Senza contare le reissue.
Forse nei mercati più ricchi, vedi USA/UK/Germania/Francia/Giappone, la cosa funziona: ma da noi sicuramente no.
La qual cosa potrebbe anche essere di nessun interesse, ma è chiaro che se decido di comprare Damien Rice, Mellencamp, Lucinda Williams, Jeff Tweddy, Leonard Cohen e Sondre Lerche (e già sono sui 100 euro) mi rimangono fuori Prince, Lanegan, Gary Clark Jr, Johnny Winter, Chuck Prophet, Marianne Faithfull, Richard Thompson, Blackberry Smoke, Rival Sons, Empty Hearts, Lanois, Weezer, Jackson Browne, Bob Seger, AC/DC, Steve Nicks, Jerry Lee Lewis e decine di altri.
Se poi mi parte qualche box/ristampa, che siano gli Allman, Springsteen o i Basement Tapes, Gallagher, George Harrison, Kinks, Hendrix, Graham Parker, Simon and Garfunkel o David Wiffen, ci vorrebbero 2-3 natali tutti insieme.
Tutto ciò ha portato questo mese le nostre recensioni a 16, con buone probabilità di ripeterle il prossimo numero. Magari poi si andrà a scemare.
Se pensiamo che eravamo partiti con l’intento di non farne mai più di 6-8... Comunque: non saranno tutti capolavori, ma sono tutti prodotti interessanti. C’è qualche vecchiaccio che ancora tira fuori le unghie.
Poi vai a capire se valgono i 16-20 euro richiesti. Ognuno giudicherà a parer suo.
Cover story’ dunque su Rory Gallagher. Nel nostro vero e proprio recupero di meraviglie passate, il suo nome non poteva mancare.
La meritava? Sì, non c’è dubbio. Le qualità musicali e umane del chitarrista irlandese sono a prova di bomba.
Non è certo un chitarrista molto noto, certo non a livello di Clapton o Hendrix, ma se abbiamo fatto Bloomfield e Peter Green ci sta anche lui.
La ‘wild song’ del mese è Boom Boom. Una cazzatina, diciamolo, ma basta un poco di blues e tutto si trasforma. Specie se le voci sono quelle di John Lee Hooker o di Eric Burdon.
L’altro musicista su cui ci soffermiamo con estremo piacere è Steve Wynn. L’occasione ci viene offerta dalle Sketches Of Spain, che riuniscono due album che Wynn ha registrato e pubblicato in quel paese tra il 2001 ed il 2009, e di cui abbiamo scritto lo scorso numero, ma anche l’edizione in vinile 180 grammi di Medicine Show che segue quella recente della reissue (2010) e quella ancora più vicina di The Day Before Wine and Roses in versione live, uscita originariamente nel 1994 dal vivo per pochi spettatori alla Radio station KPFK il 5 settembre 1982, con quelle meravigliose cover di Mr. Soul/Buffalo Springfield, Outlaw Blues/Bob Dylan e Season of the Witch/Donovan (inizio 2014).
Del 2004 quella di Live at Raji’s (che ripropone l'intero concerto comprensivo di quattro brani in più) uscito nel 1989, uno dei più grandi dischi dal vivo di tutti i tempi: testamento finale della band, uscito postumo appena dopo lo scioglimento.
Insomma di giustificazioni ce ne sono tante.
Noi ci soffermiamo sui Dream Syndicate e su Medicine Show in particolare.
Steve, con il quale sono sempre rimasto in contatto, è stato così gentile da scrivermi un articoletto (The Art Of The Improvisers) a fare da cornice al nostro lavoro. Persona squisita. E non credo abbia inserito Peter Green per farmi piacere, pur conoscendo il mio debole per l’uomo verde.
Gli altri due articoli sono sui Rival Sons e su Trucks/Tedeschi.
I primi si rifanno a quel rock-blues sporco degli anni settanta con venature psichedeliche. Inoltre sono così carini che ci permettono di toglierci lo sfizio di parlare dei Free.
I secondi facevano parte del mega articolo sulle ‘jam band’ dello scorso numero. Arrivano con un mese di ritardo.
Distribuzione.
Come vi sarete accorti, siamo ancora nella distribuzione edicole.
Siamo sempre dell’idea di uscirne e di ‘costringere’ (leggetelo in senso positivo) chi vuole il giornale a fare l’abbonamento o cercarlo negli ‘Outsider Point’.
È vero: adesso vendiamo 3500 copie, le stesse dei vari Mucchio/BlowUp/Rumore (che per me sono sempre una miseria, visto che con il Mucchio negli anni ottanta 3500 erano le copie che si vendevano SOLO a Milano, ma il discorso è lungo - anche se ovviamente il nostro prossimo step è superare le 10mila. Se solo si pensa a tutti gli ex lettori del Mucchio anni settanta/ottanta/novanta si fa presto) però buttare al macero migliaia di copie, è fuori da ogni logica.
Bisogna stampare meno copie e venderle tutte.
È anche un discorso ecologico, oltre che finanziario.
Mi rendo conto che abbonarsi richiede un piccolo sforzo, nonché fiducia nella pubblicazione: ma non c’è altra soluzione per andare avanti.
Se tutti i 3/4000 lettori di questa rivista lo fanno, saremo in grado di dare un prodotto ancora migliore, con una certa sicurezza economica.
Offriamo anche il 50% di sconto a chi porta un ulteriore abbonato.
Questo è tutto.
Buona lettura
Max Stèfani
Ps – Nel numero di settembre, l’articolo ‘The Road goes on forever” è di Paolo Barone: non di Andrea Hawkes come segnalato. Ci scusiamo con l’autore.