SETTEMBRE 2014

di Max Stefani ( max@outsiderock.com )

Finite le vacanze? Ma è già tanto avercele avute, con i tempi che corrono. Questo numero di ‘Outsider’, 16/settembre, porta con sé alcune novità. La più importante è un aumento di tiratura (20mila copie) e quindi una presenza nelle edicole molto più distribuita.

Specialmente rispetto ai primi 10 numeri, dove ci limitavamo agli aeroporti di Milano&Roma + Outsider Point/abbonamenti.
L’aumento ha portato anche un necessario passaggio da una stampa in ‘piana’ alla ‘rotativa’, con un calo di qualità nell’ordine di un 20%, e un cambio di formato. Inevitabile. Non ho difficoltà ad ammettere che per noi è una sconfitta. L’idea di base alla nascita di ‘Outsider’ era di uscire solo per abbonamento. Un numero minimo di 3000 abbonati ci avrebbe permesso di coprire un anno di spese di un giornale comunque molto costoso a fare, e continuare a vivere onestamente, senza nessun bisogno di vendite più alte o di inserzioni pubblicitarie.
Purtroppo non siamo andati oltre i 500 per la copia cartacea e poco più di 100 per il pdf scaricabile, ma d’altra parte in nostro target ha bisogno della carta in mano. Smartphone e tablet non fanno per loro.
Questo ci ha costretto controvoglia a una ‘presenza’ sul mercato sempre più penetrante con tutti i rischi che ciò comporta. Tornare a buttare il 50-60% delle copie al macero (perché queste sono le percentuali medie per chi va in edicola) è doloroso nonché… stupido
Certo. Se ci si guarda intorno la situazione è drammatica. Abbiamo tutti difficoltà finanziarie, arriviamo a mala pena a fine mese, sempre che ci si arrivi, non ci fidiamo degli abbonamenti e noi stessi non siamo riusciti a far sapere a 10-20-30mila possibili lettori (quasi tutti over 40/50) che esistiamo. C’è inoltre questo senso di disillusione, generalizzato, che nel nostro paese sembra stia pure uccidendo la speranza in un cambiamento.
Viviamo rintanati nel nostro piccolo buco in attesa che passi la tempesta.
Vediamo come va per due mesi.
Se vendiamo intorno alle 7-10mila copie, pescando tutto sommato nel target di chi compra ancora il ‘Buscadero/Carù Dischi’, in parte ‘Classic Rock’ e in quelli che leggevano il ‘mio’ Mucchio negli anni settanta-ottanta-novanta, è tutto ok. In caso negativo, torniamo da novembre compreso ai soli abbonamenti. Che era l’idea iniziale di questo giornale. Se quelle 3-4-5 mila persone che ci acquistano, ci seguiranno abbonandosi… bene. Altrimenti un giornale in meno o in più, non cambierà la vita a nessuno. Ci spegneremo con dignità, contenti di averci provato, stampando poche copie fino all’esaurimento degli abbonamenti in corso.
E così arriviamo agli Allman Brothers. Con il solito approccio da panzer tedesco. È già successo di dedicare 40 pagine a Peter Green, Led Zeppelin, Zappa, Bowie, Traffic, Bloomfield etc. Un giornale come questo permette simili cose negate ai comuni mortali.
Outsider è un magazine da letture pazienti, suscita voglie di approfondimenti, ulteriori promuove riscoperte. Ha, caso unico in Italia, un taglio saggistico. Ricorda un po' ‘Linea d'Ombra’.
La reissue del famoso Live at Fillmore East del 1971 è stata ovviamente aspettata con ansia. E’ uno dei quei dischi che, se ti metti a fare la solita lista dei dischi da ‘isola deserta’, un posticino lo trova sempre. Dalle nostre parti non sono mai venuti e negli anni settanta in Italia non venivano cacati per niente dalla stampa di settore: fosse “2001” o “Muzak” o “Gong”. Troppo rock-blues e troppo americani.
Ne parlava giusto qualche fanzine, io su “Suono” e sul “Mucchio” (ma dal 1977). Copertina sul n. 20, giugno 1979. Cosa successa anche ai Grateful Dead d’altra parte. Ma era tutto il movimento del ‘southern rock’ che proprio non veniva seguito, a parte un ristretto manipolo di appassionati.
Ovviamente il box di 6 cd è un delirio, anche se non si può non notare come ci si senta per l’ennesima volta presi per le palle. Io ho il vinile, il cd, la ‘de-luxe edition’, adesso il cofanetto……
Però è roba buona. Non per fare paragoni ma nelle ristampe dei Led Zeppelin curate da Jimmy Page c’è molta più fuffa, tanto più se guardiamo a quelle di Led Zeppelin IV e Houses Of The Holy in uscita il 28 ottobre.
Di contorno la solita ‘Wild song’ del mese che ci permette di soffermarci sul famoso Phil Spector e il ‘wall of sound”. A chi può fregare nel 2014 in Italia di Spector o delle Ronettes? A pochi ma chissenefréga. Durante i suoi tempi migliori, nei primi anni ’60, Spector, dirigendo una scuderia di talentuosissimi artisti, ebbe modo di scrivere e produrre una sfilza di singoli, dei veri e propri classici della musica pop, che introdussero il mondo intero al suo celebre metodo di registrazione denominato ‘The Wall of Sound’, ovvero ‘Il Muro del Suono’. Che è differente dal ‘muro del suono’ di Ligabue.
Chiude Willie Watson. Con il disco Folk Singer Vol. 1 non ha creato nuovi classici folk: dei veri classici ha chiarito il valore culturale e l'attualità, ha dato nuova vita ai classici folk. La sua autenticità non è solo nei testi: è anche nel modo in cui li canta. Sarà cuore, sarà anima, sarà quello che volete: ma è innegabile che Watson abbia il dono di rendere vera qualunque cosa canti. Oltre tutto questo, alcune selezionate recensioni di dischi nuovi, tante ristampe e qualche chicca nella parte finale (questo mese molto ‘ristretta’ causa Allman). Penso che anche questa volta il prodotto servito sia di ottima qualità.

Max Stèfani

Ps – L’illustrazione è una vecchia pagina pubblicitaria del Mucchio anni settanta. Eravamo dei cazzari.
R.I.P – Di qualcuno scriviamo in “Mixed Up”, di altri ci limitiamo a citarli. Ci hanno lasciato in questa estate anche Charlie Haden, Johnny Winter (il 16 luglio), Dick Wagner (chitarrista e autore con Alice Cooper ma anche con i Kiss, Lou Reed, Aerosmth il 30 luglio), Rich Nichols (The Roots). Il primo ha rivoluzionato il modo di suonare il contrabbasso, sottraendo note ma aggiungendo emozioni, ed è stato una pietra miliare nella storia del jazz: non solo per le esperienze seminali con Ornette Coleman ma anche per le sue numerose registrazioni al fianco di Don Cherry, Pat Metheny, Bill Frisell, Joe Henderson, Jan Garbarek, Keith Jarrett solo per citare alcuni fra i nomi che hanno fatto uso dei suoi servigi. Di Winter abbiamo scritto per 20 pagine sul n. 12 (in copertina Jonathan Wilson). L’avevo visto l’ultima volta a New York: era entrato sul palco accompagnato fino alla sedia, l'andatura barcollante e incerta, ormai completamente cieco e la ‘mano’ che non era ovviamente più quella di 40 anni fa. Ma d’altra parte cosa doveva fare, se non continuare a suonare rock-blues? Con lui se ne va uno dei grandi. Johnny B. Goode.

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